domenica, novembre 05, 2006

Marco Lacivita

TRILOBITI
Dodici straordinari racconti di uno dei più grandi scrittori del secondo Novecento

Breece D’J Pancake è sicuramente uno scrittore fuori dal comune. Muore a ventisei anni suicida, lasciandoci in testamento la sua opera completa: una raccolta di dodici racconti riuniti sotto il titolo “Trilobiti”, che - uscita postuma dopo quattro anni – viene definita unanimamente dalla critica un capolavoro. “Trilobiti” è diventato un classico e il suo autore un idolo che annovera tra i suoi ammiratori personaggi celebri quali Carol Oates - che lo paragona ad Hemingway - Tom Waits, Kurt Vonnegut, e J.T. Leroy che non esitano a definirlo «lo scrittore di una vita».
Breece D’J Pancake, per l’anagrafe Breece Dexter Pancake, nasce il 29 giugno nel 1952 a Milton, nel West Virginia; la notte del 7 aprile del 1979 decide di porre fine alla sua vita con un colpo di pistola, il suo suicidio rimane ancora un fatto inspiegato: nessun biglietto scritto ne un evento scatenante che lasciasse presagire l’accaduto. La cronaca racconta di una notte in cui aveva bevuto molto, era entrato in casa dei vicini, poi – una volta tornati questi ultimi - era fuggito; arrivato di fronte al proprio appartamento decise di spararsi. Se si volesse cercare una spiegazione al suicidio di Breece Pancake la si potrebbe forse trovare nei dodici agghiaccianti racconti di “Trilobiti”.
Le dodici storie sono tutte ambientate nella regione dei Monti Apalachi - in cui l’autore era nato e cresciuto – una regione ricca di miniere, fattorie e miseria. I personaggi di Pancake sono minatori, camionisti, contadini, marinai, spazzaneve, per lo più poveri, legati da una comune inquietudine derivata da un presente immobile, carico di sogni irrealizzati e aspettative insoddisfatte. La voglia di cambiare, di evadere, di partire verso mete lontane non viene mai appagata; i personaggi di questi racconti sono come dei fossili - dei trilobiti appunto - incapaci di muoversi e di agire perché schiacciati dal peso di un passato che grava sulle loro spalle come un macigno: «Mi fermo davanti alla stazione dei pullman, dentro guardo le persone che aspettano e penso a tutti i posti in cui stanno per andare. Ma so che non riusciranno a scappare o che non sarà una sbornia che li tirerà fuori di lì, o che non sarà la morte a liberarli da tutto».
Il tempo è forse il vero protagonista di “Trilobiti”. Il tempo di Pancake è infatti stagnante, “paludoso”, in cui tutto permane, niente muta e ciò che cambia è costretto ciclicamente a tornare. «Sento che la mia paura si allontana in cerchi concentrici attraverso il tempo, per un milione di anni» afferma il protagonista nel primo racconto dal titolo “Trilobiti”; in questo lento e infinito morire di ogni essere vivente, sembra che esista sempre un istante, un punto di rottura in cui qualcosa poteva essere diverso, poteva cambiare o cessare di esistere; ma non è mai così, tutto resta infatti sempre al proprio posto.

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