Alex Tessarolo
TV GENERATION
Negli anni 70 Berlusconi possiede un piccolo impero di imprese. Il suo business per eccellenza è la tv: a Milano 2 crea la sua prima tv via cavo, Telemilano, che dal 1974 inizia a trasmettere come «tv condominiale»; nel 1979 costruisce un circuito televisivo nazionale, che sarà alimentato da Publitalia 80, la concessionaria che raccoglie pubblicità. Negli anni Ottanta, dopo aver lanciato Canale 5, la Fininvest di Berlusconi acquista Retequattro dalla Mondadori e Italia 1 dalla Rusconi. In mancanza di leggi sulle tv e grazie agli appoggi politici, Berlusconi cresce fino a insidiare il monopolio Rai. Nell’ottobre 1984 le tre reti Fininvest sono oscurate dai pretori di Roma, Torino e Pescara per avere illegittimamente trasmesso su tutto il territorio nazionale. Quattro giorni dopo Bettino Craxi, amico di Berlusconi e presidente del Consiglio, vara un decreto legge (che passerà alla storia come «decreto Berlusconi») che consentirà alla Fininvest, in assenza di una legge sulle emittenze, di riprendere le trasmissioni su tutta Italia. Chiunque nasca dopo o durante queste date è iscrivibile, volente o nolente, nella facilmente apostrofabile "tv generation", e non tanto perchè si vuole fare di essi teledipendenti, ma perchè tutti costoro, (me incluso), non hanno vissuto un giorno senza finivest (attualmente Mediaset). UN GIORNO SENZA FINIVEST (frase da leggere ad alta voce, sperando che il signore o babbo natale, siano pronti ad esaudire il nostro desiderio). Io, un giorno senza finivest, senza Gerri Scotti, Maurizio Costanzo o Mike Bongiorno, Pippo Baudo o ancor più Paolo Bonolis, non lo ho mai vissuto, benchè sia riuscito a passare anche intere settimane senza accendere la televisione. Un giorno senza Striscia la notizia, o Emilio Fede, per noi, nati negli anni 80, è pura utopia; forse la prima parola imparata da molti coetanei è stata "Allegria", pronunciata con collegamento via cavo di alimentazione dell'istinto suicida, o omicida; nel caso la si voglia pronunciare a tavola con i genitori, forse meglio limitarsi a un solido e sempiterno vaffanculo (questo sì potrebbe essere un vacobolo da famiglia). Purtroppo, viviamo in un paese, dove l'educazione è fortemente condizionata da questi personaggi, subliminale costume societario, che infanga da anni la reputazione della nostra penisola, e mette in serio pericolo il nostro futuro. Non voglio cercare di allarmare i più anziani. Nessuna forma di attacco batteriologico è stata inoltrata nella madre Italia, ma il lavaggio del cervello è ormai quotidiano, frequente quanto quello delle mani. Io non riesco ad immaginare cosa potesse essere il mondo prima, senza Ezio Greggio e Iva Zanicchi, forse avrei trovato lo stesso una ragione per esistere, ma sono sicuro che avrei sofferto le pene dell'inferno al momento del loro sbarco sulla terra, della loro irruzione nel mio cunicol(o)appartamento. E pensare che prima di Finivest, la tv non aveva una programmazione continua, non durava tutto il giorno, andava a dormire come un essere umano, stanco, umile, comprensivo; bandiva le parolacce e le volgarità, come un genitore, come un docente, come una società per bene; bandiva i culi e le procherie a tutte le ore, come esigenza morale di paese cattolico impone, a torto o ragione; si impegnava ad insegnare ai più piccoli e intrattenere i più grandi. Pensare che le pubblicità erano relegate al Carosello, programma a sè, contenitore di informazione, al pari di un telegiornale, leggero e divertente, ammiccante, ma lontano dall' odierno ossessionante. Negli anni sessanta addirittura la RAI aveva un canale specializzato in teatro e uno in cinema; manco fosse Sky. Una statistica impressionante ci fa notare che in Italia esistono 640 canali televisivi sui 2.500 presenti nel mondo; un quinto delle tv mondiali. Se questo non è un record, può essere un grande merito, una grande anomalia, un grande mistero, oppure più probabilmente un grande senso di angoscia; IL TERRORE CORRE SUL FILO, o tramite il filo, o tramite il tubo, o l'occhio diventa catodico esso stesso, presentandosi sotto forma di spot, o stop, o censura, o accetta, o pellicola, fragile, ma riutilizzata con continuità spasmodica. LA TV ITALIANA TRASMETTE UN MILIONE DI SPOT L'ANNO. O mamma mia! Ma io come faccio a non vederne o sentirne o percepirne nemmeno uno. Impossibile. Almeno uno mi beccherà, forse mentre sono in bagno, sarà la tv del vicino, più alta del solito, che mi consiglia la tavoletta per i problemi di stitichezza, o quando accenderò i fornelli, sarà la tv del vicino, che minacciosamente mi invita a cambiare condimento per la pasta, perchè aglio e olio non sono assolutamente più di moda. Per evitare invadenze eccessive, o invasioni barbariche, meglio comprarsene una di tv e scegliere per conto proprio, o alzare il volume della radio a cannone, e sentirsi bussare alla porta qualcuno che non sente più la sua tv e ci chiede misercordia. Pietà. Per queste cose non possiamo certo dare la colpa a Berlusconi, che ha semplicemente parlato al cuore degli italiani. Forse a Craxi che glielo ha permesso, soprattutto ai nostri concittadini che sono scesi in piazza, in quei maledetti giorni dell'84, e hanno gridato "A ridatece i Puffi, che se no mio figlio che cazzo fa?", certo i Puffi sono meglio dei compiti; ma per un bambino i modi di divertirsi sono cento milioni, forse sono proprio quei genitori ipocriti, che avrebbero voluto gridare "Non togliete i culi dalla tv, culi e tette, culi e tette; fino alla fine dei miei giorni, un solo grido ci deve unire, culi e tette per tutti." E' quasi entusiasmante immaginare la casalinga del terzo piano, scendere in piazza, e gridare "Più Iva per tutti", senza rendersi conto di rischiare in modo così grossolano lo stipendio. In somma, in bene o in male, la vita di tutti i giorni degli italiani, quel fatidico anno cambiò, un'inversione a U, che tuttora nelle viscere di alcuni muove tumulti e sprigiona conati di vomito. Ma la democrazia è strumento di maggioranza. In fin dei conti si può giustamente considerare il fatto che la concorrenza sia il sale della vita, il motore della società, intesa nella sua modernità, sia l'essenza della convivenza, lo specchio del valore umano. La concorrenza è essenziale per la vita e per il mercato. Mercato che è anche televisione. Purtroppo la concorrenza spesso si tramuta in sfida, battaglia che necessita vincitori e vinti. Per la televisione l'auditel si fa arbitro di tale sfida, e ne determina le scelte. La concorrenza si fa imitazione. Indagine sui concorrenti, e non più sugli utenti, la società passa in secondo piano, rispetto alla microcomunità che si muove all'interno dello schermo. La televisione si fa sempre più autoreferenziale, procede verso una morte infinita, una chiusura in sè stessa, che porterà allo spegnimento della luce. Ormai quello televisivo è un mondo che trascende il tappeto di antenne sul quale viaggia, e si impone nella conversazione da bar, e nella lettura del giornale; si macchia di inchiostro e inquina l'aria. La televisione pretende sempre più di essere realtà e intrattenimento, ma non vi è più muro che separi nettamente i due campi, forse solo un semplice velo di Maya che confonde l'una e l'altra, miscelando due mondi distinti quanto l'inferno e il paradiso, e creando un purgatorio di anime in pena che, naufrago, vagabonda senza scampo. Sia esso popolato di spettatori o attori. Sembra quasi che noi, figli illegittimi degli anni '80, siamo stati scelti come cavie di un esperimento da laboratorio mortificante e urticante. Nel bel mezzo del Mediterraneo degli scenziati della comunicazione hanno deciso di testare l'impatto didattico di benestanti cocainomani che sbraitano e scalpitano, che si umiliano e si picchiano, umiliandoci e picchiandoci, nel processo di imitazione e immedesimazione innescato dalla cinepresa. Noi siamo la tv generation, e non potrebbe essere altrimenti, essendo i nuovi giovani la web generation, o mtv generation; noi, vecchi giovani, ci guardiamo alle spalle, e ci rendiamo conto di essere stati pedine di un partita a scacchi fra sistemi di potere che si sono combattuti mietendo un ampio numero di vittime sul campo di battaglia. Oggi le televisioni italiane stanno implodendo, sotto i colpi delle proprie stronzate, e fanno baccano, per farsi sentire il più lontano possibile, con Blob, programma dall'effetto boomerang, che riassume giornate e settimane, tramite situazioni deprimenti e intolleranti, e mantiene in vita un mito, ormai caduto in profondità abissali. Per fortuna si sta diffondendo la tv satellitare. Ma il processo di degradazione di una società piena di gente di talento, trova fra gli imputati più rei la televisione degli ultimi vent'anni. E' questo è un fenomeno che va analizzato in profondità.
domenica, novembre 05, 2006
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